Ce ne parla Radha in questo video (video in inglese con traduzione simultanea in italiano).
Il fenomeno della dipendenza da internet e in particolare da cybersesso sta diventando sempre più comune.
Oggi, un mondo senza questa tecnologia è praticamente inconcepibile, ma internet può diventare una vera e propria causa di malattia, con conseguenze gravi sulla vita delle persone.
Il primo a coniare l’espressione “Internet Addiction Disorder” fu lo psichiatra americano Ivan Goldberg, che nel 1995 definì le caratteristiche di questa disfunzione e i suoi sintomi paragonandola alle altre dipendenze da sostanze, gioco d’azzardo, ecc…
Oggi le statistiche mostrano che i soggetti più colpiti sono i ragazzi tra i 13 e i 20 anni e la giovane età li rende ovviamente ancora più vulnerabili.
In Giappone già da diversi anni è noto il fenomeno degli “hikikomori”, ragazzi e adolescenti che si ritirano via via dalla vita reale per rinchiudersi in casa, rimanendo letteralmente “auto-reclusi” nella loro stanza, navigando in internet tutto il giorno e la notte.
Sembra che alla base di questa estrema forma di dipendenza vi sia una bassa autostima, una mancanza di fiducia nel proprio aspetto fisico e un rifiuto grave del proprio corpo. Spesso questi ragazzi non riescono ad avere interazioni personali di alcun tipo, se non mediate dai social media o dai giochi di ruolo online.
Questo fenomeno è la rappresentazione estrema di un modo di vivere i rapporti sociali e interpersonali che si sta allontanando via via dalla realtà.
Di fronte all’incertezza di contatti personali in cui ci si deve necessariamente esporre per diventare intimi, l’insicurezza e la mancanza di fiducia possono portare soprattutto i giovanissimi a cercare risposte e contatti più “sicuri” in internet.
Il problema è che i ragazzi stanno imparando in rete un modo di vivere la sessualità che propone modelli mai realizzabili.
Chi potrà mai sentirsi all’altezza delle performance delle porno star di internet?
E chi potrà mai avere il coraggio di sfidare le proprie paure e insicurezze di fronte a tali obiettivi da raggiungere?
È facile comprendere come possa nascere nei ragazzi un circolo vizioso fatto di paura dell’intimità-rifugio in internet-creazione di modelli irrangiungibili-frustrazione nella vita reale- paura dei contatti.
Inoltre, la continua esposizione a stimoli “virtuali” di qualsiasi tipo può portare alcuni a vivere con noia e frustrazione le interazioni della vita reale, e a rifugiarsi in un mondo fittizio in cui la sessualità viene solo apparentemente liberata da tabù, repressioni, ecc… e viene in realtà condizionata alla ricerca di perversioni e di stimoli sempre maggiori.
Per paura di sentire troppo, per paura di non sentire abbastanza, per paura di non essere all’altezza o per non mettersi in gioco… meglio evitare il pericoloso contatto reale con l’altro.
È così che la sessualità diventa un monologo, vissuto davanti ad uno schermo o anche alla presenza fisica di un altra persona. Sicuramente non una sessualità vissuta al suo massimo potenziale fisico e spirituale.
Lungi dall’essere una forma di “terapia”, il Tantra può però diventare un metodo utile per praticare un forma di ri-educazione sensoriale, da una sessualità ripetitiva, noiosa e meccanica, alla capacità di stare nel sentire del momento, da una sessualità-monologo a una sessualità-dialogo.
Il punto di partenza è imparare ad ascoltare se stessi.